La regola del silenzia Natalia Aspesi - Curzio Maltese
I Weather Underground o Weatherman, nome preso da una canzone di Bob Dylan, sono stati uno dei gruppi politici più diffamati della storia del Novecento. Grazie alla propaganda, ancora oggi molti li identificano come un nucleo di terroristi, una specie di Br americane. Non lo erano affatto, come non lo erano il gruppo fratello, le Pantere Nere, la cui principale attività consisteva nel volontariato nei ghetti, per esempio preparare le colazioni ai bambini di Harlem. Almeno fino a quando la polizia non uccise a freddo alcuni leader disarmati. Ispirato al romanzo di Neil Gordon, il film inizia con una mamma che saluta i figli adolescenti e va a fare la spesa, e di un avvocato dei diritti civili che pare un nonno e porta a scuola la sua figliolina undicenne. Urla di sirene, balzi di agenti con armi spianate: la mamma viene arrestata, l' avvocato, già importunato dal giovane cronista intraprendente, affida la bambina a un fratello e se la dà a gambe. Si scopre così che trent' anni prima facevano parte dei Weather Underground e che sulla testa dell'avvocato pende l'accusa di omicidio. Durante un' azione in una banca, era stato uccisa una guardia, e solo un responsabile era stato catturato. Gli altri erano svaniti nel nulla. Ma l' Fbi non molla, e finalmente dopo decenni scova due altri colpevoli, diventati probi cittadini, con altro nome e altre vite. Al cronista del giornale locale LaBeouf, la presunta ex terrorista Sarandon in prigione spiega "Il governo americano massacrava popoli inermi, come si poteva far finta di niente? Se non avessi figli, lo rifarei". Inizia una complessa caccia in tutti gli Stati Uniti: l'avvocato presunto ex terrorista si cala un berretto sulle rughe e va alla ricerca dei suoi compagni che hanno dimenticato il passato, inseguito dal cronista che è inseguito dall' Fbi. Il celebrato professore che gli fu compagno di lotta gli spiega: "Racconto di quegli anni agli studenti, e per loro è preistoria: si entusiasmano, però se ne dimenticano subito". Ma è l' astuto reporter che capisce che qualcosa non va: e se il ricercato fosse innocente? Compare finalmente Julie Christie, che ha la stanca ma vivida bellezza di chi non ha ceduto alla chirurgia plastica: importatrice di marijuana a quintali, informata che Redford la cerca, dice al compagno: "Ho avuto sei mestieri, sei vite, sei case, sei amanti e adesso me ne vado". I due finalmente si incontrano in una capanna nella foresta, parlano di quel che li ha uniti in passato, altro che la rivoluzione. Lui riconosce che avevano sbagliato, lei è certa che erano nel giusto e non ha cambiato idea: "I ricchi sono sempre ricchi, gli altri stanno male, come allora". Fracasso di elicotteri, abbaiare di cani lupo dentro cappottini con la scritta "polizia", inseguimento di agenti armati, arrivo del cronista che ha capito tutto prima degli altri. Quasi un happy end. Film nobile come gli ultimi dell' ecologista-pacifista Redford, ( Leoni per agnelli, The conspirator ), fondatore di quel Sundance Festival che ogni anno ci fa scoprire tanti bei film indipendenti, The company you keep parla di responsabilità individuale e collettiva, della necessità di riconciliarsi col passato riconoscendo i propri errori e pagandone il prezzo. (N. A.)
http://trovacinema.repubblica.it 16-12-2012 |